IL PRIGIONIERO DI EYMERICH

 

 

 

 

La luce della candela tremolò, scossa da uno spiffero gelido. Eymerich si alzò dalla scrivania e si diresse alla finestra. Saragozza, immersa nella notte, era come una cupa foresta di pietra. L'inquisitore misurò a lunghi passi la stanza, con aria meditabonda.

     Stava cedendo alla tensione. Un presentimento, o meglio una strana angoscia si stava facendo strada dentro di lui. Non aveva sonno, e nemmeno la preghiera era riuscita a confortarlo. Cosa gli stava succedendo? Perché proprio lui, il tremendo inquisitore che aveva stroncato innumerevoli vite, estinto eresie, la lama più affilata che la Chiesa, e forse il mondo intero avrebbe mai conosciuto, era preda di quel tormento, quell'incertezza, dovuta appunto ad un solo prigioniero? Ne aveva le segrete colme, eppure quello era diverso da tutti gli altri. Si lasciò andare sulla sedia, massaggiandosi le tempie. Chiuse gli occhi e attese. Perché, perché, perchèeeeeeeeee...

     Riaprì gli occhi di colpo.

     "Basta!"


     Sbatté il pugno sul tavolo, alzandosi di scatto. I suoi occhi si erano induriti, tornando ad essere quegli stessi occhi che avevano guardato impassibili le mani tese e supplicanti dei condannati, le loro convulsioni negli spasmi dell'agonia, mentre il fuoco purificatore divorava i loro corpi. Il rumore aveva richiamato un soldato, che bussò alla porta, mormorando, con una nota di tensione nella voce: "Tutto bene, Magister?"

     Eymerich apri la porta di scatto. "Voglio vederlo" disse.

     Il soldatino era in evidente soggezione di fronte all'inquisitore. "Ne siete s—sicuro, Magister?"

      "Sì, accompagnami"

     Percorsero il tragitto fino ai sotterranei, adibiti a carcere.Un velo di umidità e un diffuso odore di muffa impestava il sQtterraneo, ma Eymerich lo trovò corroborante. Un carceriere al vederlo si mise subito in piedi e afferrata una torcia dal muro, li precedette lungo un corridoio in pietra umida, intervallata da grate, oltre le quali, nell'oscurità, si allungavai~o stretti loculi che sarebbero stati le tombe di molti dei loro ospiti.

     Da alcune grate si tesero delle mani imploranti verso le sue vesti domenicane, ma i carcerieri le scostarono a frustate. Da quelle grate gli venivano rivolti sguardi imploranti e piangenti che mendicavano la pietà che padre Nicolas non possedeva.


     "Come si è comportato oggi?" chiese Eymerich.

     "E’ rimasto tutto il giorno immobile e in silenzio. Se non fosse che respira, direi che è morto" rispose il carceriere.

     Lo scortarono fino ad una cella immersa nell'oscurità, da dove, a differenza del resto della prigione, non proveniva alcun lamento, gemito o pianto. Solo un velo di nero silenzio. Il carceriere armeggiò con la serratura, e la porta della cella si aprì cigolando.

     Eymerich entrò, ma fece cenno agli altri due di stare indietro. "Datemi la torcia, chiudete la porta e andatevene"

     Il soldato stava per obiettare, ma un'occhiataccia dell'inquisitore lo zitti. "C—come volete, magister.. Saremo a portata di voce per qualunque evenienza."                    Eymerich rimase con lo sguardo fisso di fronte a sé, nell' oscurità dov' era il prigioniero, in attesa che la porta si chiudesse e che i due uomini si allontanassero. Appese la torcia la muro. Quando furono rimasti soli, una voce ricca di tonalità giunse dal buio.

     "Sei tu, padre Nìcolas?"

     "Ti chiami Zero, vero? Vieni sotto la luce, così posso vederti"


     Sì udì un cigolare dì catene, mentre il prigioniero faceva qualche passo avanti.

     Era un ragazzo sui sedici anni, magro, dal volto affilato e dai capelli nerissimi. Le vesti nere erano stracciate e bagnate, mentre i suoi polsi erano bloccati da grosse catene, che lo tenevano al muro.

     "Lo sapevo che eri tu. Ti fiuto da quando entri nel palazzo."

     Eymerich non colse la provocazione. "Soddisfatto del mio albergo?"

     "Non c’è male. L'aria è umida e pestilenziale, il freddo ti gela le ossa, le catene non sono della mia misura, la cucina è inesistente ma la compagnia è simpatica."

     L'inquisitore sorrise "Tranquillo, ben presto non avrai più freddo, legato al palo del rogo" Zero ridacchiò.

     "E chi sarà il mio carnefice, dopo quello che è successo? Forse tu, San Malvagio?"

     Gli occhi di Eymerich fiammeggiarono, ed alzò una mano per colpirlo, ma lo sguardo cinico dell'altro lo bloccò. Il ragazzo proruppe in un risata sguaiata: "Lo sai cosa succede a chi mi colpisce, vero? Cosa puoi farmi tu, Eymerich?"

     Il magister abbassò la mano. "La tua età non mi commuove. Posso lasciarti qui a morire.”

     Tacquero.


     Zero sospirò: "Padre Nicolas, la colpa di quello che è successo ieri è solo tua. Potevi benissimo impedirlo, e così sette donne ora non sarebbero vedove"

     "Taci, creatura del Demonio! Se io non riuscirò a punirti per ciò che hai fatto, sarà la giustizia di Dio a distruggerti e a precipitarti nell' Inferno che ti ha vomitato!"

     "Ed ecco che tiri di nuovo in ballo Dio e il Demonio. Ma chi sono Dio e il Demonio, magister, se non i tuoi padroni, le parti del tuo animo rotto in due che ti meritò il nome di San Malvagio? Tu servi con ampio zelo entrambi. Ed ecco perché sono venuto da te. Ma tu non mi hai accolto."

     "Hai ucciso sette soldati della mia scorta, senza alcuna arma. Come hai potuto farlo se non con l'aiuto di Satana?"

     "Stiamo procedendo con le quaestiones? Non dovrebbe esserci almeno un notaio?"

     "Non è un processo: voglio vedere se puoi darmi un buon motivo perché non dovrei condannarti"

      "Perché c'è qualcosa in me che ti spaventa."

     Si fronteggiarono con gli sguardi.

     "Da dove vieni?" chiese l'inquisitore.

     "Non è il dove che conta, ma il perché. Io sono venuto perché voglio capire chi sei, padre Nicolas."


     "Parla, demonio! Cosa vuoi da me?"

     Zero sorrise lugubre. "Tu sei riuscito a conciliare dentro di te il bene e il male, riesci a trarre forza dall'odio e dall'amore in contemporanea. Non ho mai incontrato un uomo dalla forza interiore potente come la tua."

     "Di cosa stai parlando?"

     "Della forza che ti consente di desiderare una cosa così intensamente da farla accadere davvero. E' possibile acquisirla con anni di concentrazione e meditazione, votati al raggiungimento di un equilibrio in grado di rendere l'uomo onnipotente allo stesso livello di Dio..."

     "Smettila di bestemmiare!"

     "Tu le chiami bestemmie, ma sono vere!" urlò il ragazzo con occhi fiammeggianti "Hai visto come ho invocato la morte sui tuoi uomini! Sono venuto ad annunciarti che con le tue capacità potresti diventare il padrone del mondo! Io posso insegnarti, Eymerich!"

     Eymerich aveva la fronte mandida di sudore. Lo stava tentando, promettendogli il potere. Un potere inumano, che l'inquisitore vedeva germogliato dalle profondità infernali.

     Il prigioniero fece un passo avanti: "Sì" mormorò "I tuoi pensieri ti tradiscono. Sei curioso dì conoscere la forza del male, vero?"

     Un manrovescio poderoso lo fece crollare a terra.


     "L'unico potere cui ambisco è quello che già possiedo, quale giudice della Santa Inquisizione: il potere di mandare all'inferno i servitori del Nemico. Domani un tribunale da me presieduto ti affiderà ufficialmente al braccio secolare."

     Il ragazzo alzò la faccia da terra, il volto sfigurato da un' espressione di odio puro.

     "Non avresti dovuto farlo, prete!" sibilò "Lo sforzo che ho fatto ieri mi impedisce di ucciderti subito, anche perché la tua mente opporrebbe resistenza, ma ti farò pentire amaramente di aver rifiutato la possibilità che ti davo."

     Eymerich si voltò di scatto e chiamò il carceriere. Mentre usciva dalla cella, vide che Zero si era rintanato nell' ombra, nascondendosi di nuovo alla sua vista. Prima che la serratura fosse richiusa, l'oscurità mormorò: "A domani, San Malvagio."

     Eymerich non dormì quella notte. O meglio, non come avrebbe voluto. In un sonno agitato vedeva gli occhi di Zero brillare nel buio. Udiva la sua risata sardonica riecheggiare nel buio. E poi dal nulla rivedeva l’incontro del giorno prima: come, dopo aver ricevuto l'ordine di togliersi di mezzo, il ragazzo aveva teso una mano verso i soldati della scorta. Rivedeva ancora gli spruzzi di sangue verso il cielo mentre le loro teste esplodevano. Zero era poi svenuto, e a quel punto era stato arrestato.


     Nel sogno, invece, subito dopo il massacro, disse "A domani, San Malvagio!"

     Le catene ai suoi polsi si mossero di vita propria, come lugubri serpi di ferro. Ad un suo cenno scattarono verso di lui, attorcigliandosi alla sua gola e stringendo fino a non farlo più respirare. Le catene lo trascinarono fino ai piedi di Zero, boccheggiante. Poi, sorridendo, il giovane alzò un braccio. Il corpo di Eymerich si spaccò in due tronconi simmetrici, dalla fronte all' inguine. Le catene alzarono in aria le due macabre sezioni che, grondando sangue, si dibattevano ancora.

     "Chi ha detto che quod divisum est divideri non potest? Perché ciò che è diviso non può essere diviso?"

     Poi, tutto si fece buio, tranne il sorriso crudele e sadico del giovane che risplendeva nell'oscurità.

     Eymerich si svegliò di colpo. Stava sudando freddo. Dalla finestra entrava una debole'luce. Era l'alba. Si mise a sedere e tentò di convincersi che era stato tutto un sogno; ma non era possibile. Era stato molto più di un sogno e molto peggio di un incubo.

     "Ti sei svegliato, finalmente."


     Eymerich scattò in piedi. Zero era in piedi, appoggiato al muro.

     Le catene erano ancora ai suoi polsi, ma penzolavano per sei anelli, per poi terminare incandescenti. "Ho pensato di lasciarti dormire la tua ultima notte. Sai che russi?"

     Eymerich era pallido come un cadavere.

     "Le guardie..."

     "Oh, non prendertela con loro. Ci hanno provato." E indicò qualcosa sul tavolo.                L'inquisitore non poté trattenere un moto d'orrore. La testa recisa del carceriere giaceva con gli occhi sgranati e la lingua che penzolava in maniera oscena.

     Il ragazzo sibilò ancora "Ti do l'opportunità dì ritrattare la tua risposta di ieri sera"

     Eymerich barcollò indietro, verso il letto. "Aspetta," mormorò. "Possiamo parlarne..."

     L'espressione dell'altro si indurì. Eymerich sentì un dolore atroce alla mano, e lasciò cadere il pugnale che aveva estratto da sotto il cuscinò.

     "Male," disse Zero. "Molto male, padre Nicolas" Fece un gesto improvviso e una forza immane e invisibile colpì l'inquisitore al volto, scagliandolo contro il muro. "Tu potresti fare molto più di questo, prete! Non sai a cosa hai rinunciato!"


     Tese la mano verso Eymerich, e questi si sentì mancare l'aria. L'inquisitore fu sollevato in aria. Portava le mani convulsamente alla gola, cercando i legacci che lo strozzavano, ma le sue dita incontrarono solo pelle.

     L'altro si avvicinò meditabondo. "Volevo sapere come puoi mantenere una doppia personalità a questo livello di equilibrio. Cos'è, Eymerich? Cos'è che ti fa unire e conciliare i tuoi istinti malefici e benefici nella stessa direzione? Cosa ti dà questa forza morale?"

     Rimase a guardarlo come se si aspettasse una risposta. Eymerich era giunto al limite della resistenza. Con la forza della disperazione tentò di aggrapparsi a qualcosa. La sua mano si chiuse su un piccolo oggetto che era sul muro. Con la coda dell'occhio guardo la mano: aveva preso il crocifisso. Stringendolo convulsamente colpì il ragazzo alla tempia. I legacci smisero di stringergli il collo e Eymerich cadde a terra con un tonfo, boccheggiando.

     Zero si raddrizzò, il sangue che gli colava sulla guancia, sgorgando dalla tempia dove l'inquisitore l'aveva colpito. "Come hai potuto?" la sua voce esprimeva più sorpresa che rabbia. Lo colpì con un calcio violento al volto. Poi tese una mano verso di lui. Eymerich si aspettava di non riuscire più a respirare.

     Non fu così.


     Zero fece un passo indietro, allarmato. "Come! Mi hai svuotato delle mie forze mentali!" Eymerich si alzò. Perdendo lo sguardo nel nulla, Zero continuò: "Il trattenerti mi è costato lo sforzo necessario per uccidere sei uomini! Chi sei tu, uomo con l'animo rotto in due, per fare questo a me?"

     L'inquisitore fece qualche passo verso l'altro angolo della stanza, dove teneva la spada.

     Le sue dita affusolate si chiusero sull'elsa, e con un sibilo sfilò l'arma dal suo fodero.

     La lama luccicava alla debole luce di quell'alba morta. Tenne la spada tesa tra sé e Zero, incerto. Il ragazzo gli lanciò un'occhiata tagliente. Crollò in ginocchio e scoppiò a ridere. Mentre rideva, lacrime gli scendevano dagli occhi: non rideva di gioia, ma di pura follia.

     "Sono stato un buon maestro, Eymerich? Hai imparato di più in due giorni che in quarant' anni."

     "Sta zitto!"

     Zero si alzò. "Potresti diventare grande, Nicolas. Potresti porre fine per sempre a tutto il caos che c'è là fuori. Potresti essere l'unico vero messia di cui il mondo ha bisogno."

     Si voltò e aprì la finestra, mentre Eymerich stringeva forte la spada e il crocifisso, immobile.


     "Guarda" disse, lo sguardo perso nel nulla "Un mondo dove la crudeltà viene chiamata coraggio; dove ciò che non si conosce è chiamato pericolo; dove la scienza viene chiamata stregoneria; dove il male viene chiamato bene; dove coloro che hanno vera fede nel tuo dio muoiono di fame e di peste, mentre i ricchi prelati dormono tra due guanciali di seta, mangiando carne prelibata e spassandosela con le puttane. Dove chi è come noi viene chiamato demonio. Dove tu, con una croce alle spalle, sfoghi la tua crudeltà su tutti coloro che si sono messi a pensare, chiedendosi se è tutto ciò ègiusto, perché è questo il fine della Santa Inquisizione: distruggere tutto ciò che possa mettere in dubbio la legalità vostro potere. Distruggere il pensiero. Tu sei pazzo a credere che basterà sterminare streghe, demoni ed eretici, per fermare la follia dilagante. Tu sfoghi la rabbia repressa che hai covato per tutta la vita verso ciò che anche tu, come me, ripudi. Tutto questo..." E fece un gesto verso la finestra. "Ma quando avrai sterminato l'ultimo adepto di Satana, quando il tuo ultimo rogo si sarà spento, quando i tuoi strumenti di tortura si arrugginiranno, divorati dal tempo implacabile, quando la tua lotta ti avrà portato ad affrontare mille legioni demoniache e la tua volontà ti avrà portato alla vittoria, pensi che potrai sentirti in pace con te stesso?


“No, Eymerich. Perché la tua lotta non conduce da nessuna parte. La tua strada gira in circolo. E allora spingerai la tua croce sopra al tuo calvario, lì la romperai e con il suo legno farai un rogo, dove immolerai alla tua crudeltà un altro condannato, che sia colpevole o innocente. E un altro, e un altro ancora. Finché un brutto giorno capirai che l'Inquisizione non ti basta più. Non capirai dove hai sbagliato. E allora ricorderai le mie parole. I demoni peggiori sono coloro che credendo di operare il bene alimentano la fucina del diavolo. Nessuno può fare il bene senza fare del male ad un altro, Eymerich. E talvolta il bene prodotto è molto inferiore agli effetti contrari. Ecco perché ti ho cercato: se solo qualcuno con una forza di volontà estrema, con una potenza mentale superiore, si innalzasse al di sopra di tutto ciò, forse il caos potrebbe essere arginato. Qualcuno potente sia nel bene che del male."

     Zero si voltò. "Tu mi hai battuto. Ho esaurito tutte le mie forze per tentare di uccidefri. E ho fallito. Trai le tue conclusioni."

     Eymerich fece di tutto per negare l'evidenza.

     Combatté le parole di Zero, aggrappandosi all'unico appiglio che gli era rimasto, la sua fede.


     "L'unico che è può salvarci tutti è il Signore, io non ho intenzione di reclamare potere che non mi appartiene, o di credere, solo perché Lui mi ha difeso da te, di essere superiore, o dotato di qualche malefico potere. Non sono un mostro come te, nè un messia come Lui."

     "E allora cosa sei, prete?!" urlò il giovane "Sei un pazzo assassino con una personalità multipla! Che coraggio trovi in un Dio inesistente? Che coraggio trovi nella tua mente malata? CHI SEI TU?!"

     L'inquisitore alzò la spada, temendo che volesse attaccarlo. Lui era dominatore, ma allo stesso tempo era dominato.

     Lui provava pietà, ma sapeva essere spietato.

     Lui amava, ma nel suo cuore c'era odio puro.

     Lui era calmo, ma nel fondo del suo animo si sedimentava rabbia da quando era nato.

     Lui era uno, ma dentro era due.

     Oppure si poteva dire più semplicemente:

     "Io sono Nicolas Eymerich, della Santa Inquisizione." Le parole vibrarono poderosè, e Zero inchiodò gli occhi in quelli dell'inquisitore.

     Eymerich non conosceva Zero, ma poté sentirne la sofferenza e l'odio.

     Zero non conosceva Eymerich, ma poté sentirne la fede e la decisione.


     Il ragazzo chiuse le palpebre, increspando un sorriso. Inutile, tutto inutile. Indietreggiò, e si sedette sul davanzale della finestra aperta.

     "Peccato, padre Nicolas. Spero che il tuo dio sia veramente grande come tu credi. Ne avrai bisogno."

     Richiuse gli occhi e sorridendo con un 'innocenza di cui Eymerich non l'avrebbe creduto capace, si lasciò cadere all' indietro.

     L'inquisitore non ebbe il tempo di fermarlo. E anche avendolo, non l'avrebbe fatto.

     Contemplò il lungo volo nel vuoto, fino al contatto col suolo, dove la sua vita si spense.

     Eymerich si sedette sul letto. Stringeva ancora il crocifisso, sporco del sangue di Zero. Si segnò. Rimase a lungo immobile.

     Si alzò e s'affacciò alla finestra. Saragozza, illividita da quell'alba di sangue, sembràva un volto reduce da un pestaggio. O da una tortura.

     Mentre una campana rintoccava stonata, nelle orecchie di Eymerich risuonarono le ultime parole di Zero. "Spero che il tuo dio sia veramente grande come tu credi. Ne avrai bisogno."